LA SEPARAZIONE CON ADDEBITO. QUALI SONO LE CAUSE? E QUALI LE CONSEGUENZE?
Al momento della rottura coniugale, può verificarsi che un coniuge attribuisca all’altro la responsabilità della crisi matrimoniale, quindi gli “addebiti” la separazione. In tal caso, il coniuge si rivolge al Giudice chiedendo la pronuncia di addebito, richiesta, che tuttavia, può essere avanzata solo in sede di separazione giudiziale, non essendo ammissibile in una separazione consensuale, atteso che le parti non possono accordarsi per decidere a chi addebitare la crisi; un simile patto sarebbe nullo, giacché riguarda diritti indisponibili.
- Quali sono i presupposti dell’addebito? L’addebito è pronunciato dal Giudice laddove uno dei due coniugi ne faccia richiesta e dimostri che l’altro coniuge ha commesso una violazione dei doveri coniugali, nonché la sussistenza del nesso causale tra tale violazione e la crisi coniugale che ha condotto all’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. L’art 151 comma 2 c.c. dispone, infatti, che “il Giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”. Può accadere anche che ambedue i coniugi domandino reciprocamente l’addebitabilità della separazione l’uno all’altro. Ad esempio se la moglie accusa il marito di averla tradita e lui le rivolge la medesima accusa, o se la moglie chiede l’addebito al marito per la sua condotta violenta e lui lo chiede a carico della moglie per la relazione extraconiugale. In tal caso il Giudice può addebitare la separazione ad entrambi se ritiene che tutti e due abbiano contribuito a rendere intollerabile la convivenza. Non è ammessa una graduazione tra la gravità delle due condotte.
- Quali sono le cause di addebito? Lo sono tutti i comportamenti contrari ai doveri matrimoniali (fedeltà reciproca, assistenza morale e materiale reciproca, collaborazione nell'interesse della famiglia, coabitazione), ma anche le violazioni dei diritti costituzionalmente protetti, come la violazione del diritto di libertà religiosa o la violazione del principio di dignità, dal momento che l’art. 29 Cost. postula l’uguaglianza morale e giuridica tra i coniugi. Quindi, la casistica è quanto mai varia:
- tradimento: la relazione extraconiugale o la cosiddetta infedeltà apparente. Che significa infedeltà apparente? L’obbligo di fedeltà non consiste solo nell'astenersi da relazioni extraconiugali, ma anche nel non tradire la fiducia reciproca e la dignità del consorte. Un esempio è il caso in cui la moglie finga il tradimento con il dichiarato scopo di ferire il marito. Infatti, la mera apparenza dell’infedeltà non è meno grave di quella effettiva, stante la lesione della dignità del compagno e l’aver compromesso la reciproca fiducia. In generale vi rientrano tutte quelle condotte univocamente indirizzate al tradimento che, da sole, comportino la lesione della dignità e dell'onore dell'altro coniuge;
- abbandono del tetto coniugale: il dovere di coabitazione (di cui all’art. 143 comma 2 c.c.) si intende violato quando uno dei due abbandona la casa coniugale senza giusta causa e rifiuta di tornarvi. Ad esempio, la separazione è addebitabile al marito che, mesi prima del ricorso per separazione, abbia lasciato la casa, senza motivazione. Viceversa, non può aversi addebito nell’ipotesi in cui l’allontanamento sia giustificato in quanto conseguenza della proposizione della domanda di separazione, o allorché sussista una crisi coniugale che renda intollerabile la prosecuzione della convivenza;
- violazione del dovere di assistenza morale e materiale: i coniugi devono aiutarsi e supportarsi, la lesione di tale dovere può comportare l’addebito. Esempi possono essere: il rifiuto di avere affettività o intrattenere rapporti sessuali con il partner per un lungo periodo (essendo fonte di umiliazione e offesa alla dignità dello stesso), o il rifiuto di curare la moglie o il marito malato.
Tuttavia, come innanzi anticipato, il coniuge richiedente deve dimostrare che il comportamento del partner sia stata la causa scatenante della crisi di coppia e non la conseguenza di una crisi già in atto (attraverso mezzi di prova quali testimonianze o prove documentali come fotografie, messaggi, email ecc.) Quindi, se il rapporto della coppia era già compromesso anche prima della violazione contestata, non potrà pronunciarsi l’addebito. Ad esempio, i ripetuti episodi di infedeltà non sono sufficienti a giustificare l’addebito allorché siano consumati in un contesto di preesistente disgregazione della comunione spirituale a materiale dei coniugi (Sentenza Cass. Civ. n. 9074/2011).
- Quali sono le conseguenze della pronuncia di addebito? L’addebito ha una funzione sanzionatoria con conseguenze di natura patrimoniale. Infatti, il coniuge a cui sia addebitata la separazione subisce: la perdita del diritto all’assegno di mantenimento (art. 156 c. 1 c.c.) e la perdita dei diritti successori (art. 548 c. 2 c.c.). Tuttavia l’addebito non elimina il dovere di versare gli alimenti, in caso di bisogno, ai sensi dell’art. 433 c.c. Inoltre, il coniuge a cui sia addebitata la separazione conserva il diritto a percepire un assegno vitalizio a carico dell’eredità, qualora godesse degli alimenti al momento dell’apertura della successione (art. 548 c. 2 c.c.). Inoltre, il coniuge a cui è stata addebitata la separazione conserva il diritto alla pensione di reversibilità a prescindere dalla circostanza che godesse (o meno) di un assegno alimentare a carico del coniuge deceduto. Un’ulteriore conseguenza (processuale) dell’addebito consiste nella condanna al pagamento delle spese legali del giudizio di separazione. Infine, il coniuge a cui non è addebitata la separazione può chiedere il risarcimento dei danni subiti per la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio. Infatti, tali lesioni possono essere fonte di una responsabilità extracontrattuale.
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Avv. Fortunata Ninni
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