COS'È IL CYBERBULLISMO E COME TUTELARSI
Nella nostra quotidianità sentiamo parlare, ahimè, sempre più spesso di cyberbullismo. Ma cos’è esattamente? Si tratta di un fenomeno dotato di una preoccupante rilevanza sociale che ha indotto il legislatore ad occuparsene attraverso l’emanazione della Legge n. 71/2017 che lo definisce: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. La pericolosità di tale fenomeno, largamente diffuso tra gli adolescenti, trae origine principalmente dal contesto virtuale in cui esso si manifesta e dalla sensazione di anonimato e impunità che l’uso di strumenti informatici può falsamente ingenerare negli utenti più giovani (proprio perché non si ha alcun contatto diretto e fisico con la vittima, essendo la propria identità, comodamente, celata dallo schermo di un pc o di uno smartphone ecc.).
- Cosa prevede la legge per contrastare e punire questi attacchi virtuali? In difesa delle vittime di cyberbullismo il nostro ordinamento prevede degli strumenti di tutela sotto il profilo sia penale sia civile. In ambito PENALE, a seconda delle modalità soggettive ed oggettive attraverso cui si realizzano tali condotte, diversi sono i reati che potrebbero astrattamente configurarsi:
- l’invio di messaggi aventi contenuto denigratorio attraverso servizi di messaggistica, chat, forum o social network, potrebbe integrare un’ipotesi di diffamazione (art. 595 cod. pen.), aggravata dal fatto che, per giurisprudenza ormai consolidata, molte delle più diffuse forme di interazione sul web costituiscono “mezzi di pubblicità” in grado di provocare una più ampia diffusione del contenuto diffamatorio, giustificando così un più severo trattamento sanzionatorio;
- qualora i messaggi inviati assumano carattere molesto o minatorio, potrebbero ravvisarsi la contravvenzione di molestie o disturbo alle persone (art. 660 cod. pen.) o il delitto di minaccia (art. 612 cod. pen.) laddove venga veicolata una minaccia di danno ingiusto nei confronti della vittima. Nel caso in cui tali condotte si susseguano in maniera sistematica e persecutoria, determinando un significativo pregiudizio alla serenità della persona offesa, potrebbe ritenersi integrato anche il più grave reato di atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.);
- nelle ipotesi in cui il bullo navighi sul web spacciandosi per un’altra persona, di cui ne utilizza falsamente il nome, potrebbe configurarsi il reato di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.). Qualora l’azione sia commessa avvalendosi delle credenziali di accesso ad un determinato servizio di comunicazione elettronica, potrebbe, inoltre, essere contestato il delitto di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter cod. pen.);
- nei casi in cui la condotta vessatoria si realizzi attraverso la diffusione di materiale sensibile riferito alla vittima, potrebbe venire in rilievo il recentemente istituito delitto che punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter cod. pen.), salvo non si configurino reati più gravi, come ad esempio quelli in tema di pedopornografia, ravvisabili qualora il materiale diffuso abbia come protagonista una persona di età inferiore ai diciotto anni (artt. 600-ter e 600-quater cod. pen.);
In ambito CIVILE: ciascuna delle condotte riconducibili al fenomeno del cyberbullismo è idonea a cagionare pregiudizi morali alla persona che ne è vittima, valutabili sotto tutti i profili che compongono le categorie del danno patrimoniale e non patrimoniale, suscettibili di risarcimento in sede giudiziaria. Laddove gli autori di tali comportamenti siano soggetti minorenni, potrà porsi il problema dell’eventuale responsabilità dei soggetti tenuti alla loro vigilanza e alla loro educazione (genitori o tutore) ai sensi degli artt. 2047 e 2048 cod. civ.
- Cosa fare in concreto se si ritiene di essere vittime di cyberbullismo?
Con la L. 71/2017 il legislatore ha scelto di affrontare il problema attraverso azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, privilegiando, pertanto, un approccio maggiormente orientato alla prevenzione e alla sensibilizzazione, in particolare all’interno dell’ambiente scolastico. Cosa fare dunque?
- L’art. 2 prevede infatti la possibilità per ciascun minore di età superiore ai quattordici anni, che sia stato vittima di atti di cyberbullismo, nonché per i relativi genitori e per gli altri soggetti esercenti la responsabilità sul minore, di rivolgersi al titolare del trattamento di dati online o al gestore del sito internet o del social media interessato, al fine di ottenere “l'oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete internet”. Il destinatario della segnalazione dovrà attivarsi tempestivamente, comunicando entro 24 ore la presa in carico dell’istanza e provvedendo entro le successive 24 ore all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto. In caso di inerzia del soggetto preposto o dinanzi all’impossibilità di individuare il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o del social media, gli interessati potranno rivolgersi direttamente al Garante per la protezione dei dati personali, autorità amministrativa che nelle successive 48 ore provvederà a sollecitare l’adozione di provvedimenti da parte del gestore del sito oppure disporrà direttamente il blocco dei dati oggetto di segnalazione o reclamo;
- in ambito scolastico, ai fini della prevenzione e del contrasto del cyberbullismo, è stata prevista l’individuazione, presso ogni istituto scolastico, di un docente come referente e coordinatore di una serie di iniziative che consistono in percorsi di educazione alla legalità e all’uso consapevole e rispettoso della rete internet e delle nuove tecnologie. Inoltre, il dirigente scolastico, che venga a conoscenza di atti di cyberbullismo, ha il dovere di informare le famiglie dei minori coinvolti, attivando contemporaneamente azioni di carattere educativo;
- a livello territoriale è stata poi prevista la promozione di progetti orientati sia al sostegno dei minori vittime di atti di cyberbullismo, sia alla rieducazione dei minori artefici di tali condotte, anche attraverso l'impiego in attività riparatorie o di utilità sociale;
- l’art. 7 della legge in commento prevede un’ulteriore misura che è l’ammonimento del questore, avente funzione essenzialmente dissuasiva. Fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia (quindi fino a che non si avvia una procedura penale) per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595 e 612 del codice penale e all'articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, il questore, al quale siano stati segnalati tali episodi, può convocare il minore individuato come autore, alla presenza di almeno un genitore o di altro soggetto esercente la responsabilità genitoriale, per ammonirlo oralmente e invitarlo a “tenere una condotta conforme alla legge”.
Questi sono i mezzi previsti dalla legge per contrastare il cyberbullismo e per tutelare i soggetti più deboli che potrebbero esserne vittima. Ogni situazione, tuttavia, va valutata con grande cautela nella sua specificità. Se necessiti di maggiori informazioni o di una consulenza personalizzata: info@studiolegaleninni.it
Avv. Fortunata Ninni
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