COMUNIONE O SEPARAZIONE DEI BENI?
Nell’approssimarsi della celebrazione matrimoniale, la coppia, tra le altre scelte, deve anche decidere quale regime patrimoniale adottare per la propria vita coniugale, se la comunione dei beni o la separazione dei beni. Ai sensi dell’art. 143 del Codice Civile “Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.
Gli sposi devono, dunque, scegliere tra comunione o separazione dei beni, il regime che meglio potrà permettere loro di adempire ai doveri coniugali sopra indicati.
1) Comunione dei beni:
La comunione dei beni è il regime patrimoniale legale, ovvero, se i coniugi non optano per un regime diverso si applicherà automaticamente la comunione dei beni. Tale scelta dovrà essere effettuata durante la celebrazione del matrimonio. In mancanza di una diversa dichiarazione in merito da parte dei coniugi, sarà loro applicata la comunione dei beni, in conformità dell’art. 159 del Codice Civile: “Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell’articolo 162, è costituito dalla comunione dei beni”.
- Cosa rientra in questo regime patrimoniale?
- i beni acquistati durante il matrimonio divengono di proprietà di entrambi i coniugi, anche se è intervenuto solo uno dei due all’atto di acquisto;
- i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione (ad esempio le somme ricevute per l’affitto di un appartamento che era di proprietà di uno dei due coniugi prima del matrimonio);
- i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati (ad esempio stipendi e compensi professionali);
- le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio, ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.
- Cosa, invece, è escluso? Ai sensi dell’art. 179 c.c. sono esclusi:
- i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
- i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
- i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
- i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;
- i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno, nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
- i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.
- Cosa succede in caso di debiti di uno dei due coniugi? I beni della comunione rispondono direttamente:
- per gli oneri gravanti su di essi al momento dell’acquisto;
- per le obbligazioni contratte separatamente dai coniugi, nell’interesse della famiglia;
- per le obbligazioni contratte congiuntamente dai coniugi.
I beni della comunione, invece, rispondono in via sussidiaria nel caso di obbligazioni contratte separatamente dai coniugi, per interessi estranei alla famiglia.
In questo caso i creditori dovranno soddisfarsi primariamente sui beni personali del coniuge loro debitore, e solo in caso di insufficienza, potranno aggredire anche i beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. È, tuttavia, degna di menzione l’importante ordinanza n. 20845/2022 con la quale la Corte di Cassazione Civile ha affermato che, in mancanza di una precisa disciplina normativa, in caso di debiti contratti dal marito o dalla moglie, è ritenuto legittimo privare, entrambi i coniugi, del bene detenuto in comunione legale. Quindi anche in caso di comunione dei beni, potrà, comunque, essere espropriato tutto l’immobile, anche se l’altro coniuge era all’oscuro della vicenda debitoria del consorte. Tale meccanismo sarebbe giustificato in quanto, l’esecuzione sulla sola quota del coniuge imprenditore non è possibile, perché a differenza della normale comproprietà, la comunione legale fra coniugi non prevede quote. Ciascuno dei coniugi ha diritti sull’intero bene e non su una singola quota. E quindi, sarà tutto l’immobile ad essere “colpito”, e non la singola quota. Al coniuge “non debitore” andrà riconosciuta soltanto la metà del ricavato (che non sempre, nelle vendite forzate, corrisponde al valore effettivo della quota dell’immobile).
In merito alle modalità di amministrazione del patrimonio coniugale, la comunione dei beni prevede che entrambi i coniugi possono amministrare i beni comuni in maniera autonoma e disgiunta, ad eccezione di atti di straordinaria amministrazione (ad esempio se uno dei due intende vendere casa di sua univoca volontà) per i quali occorre il consenso dell’altro. Se manca, quindi, l’accordo, l’eventuale atto è annullabile.
2) Separazione dei beni:
Tale regime opera solo in presenza di un’apposita scelta da parte dei coniugi, fatta, o al momento del matrimonio, mediante dichiarazione inserita nell’atto di celebrazione del matrimonio, o in qualsiasi momento successivo al matrimonio, dinanzi ad un notaio con la presenza di due testimoni.
- Cosa prevede? I coniugi mantengono separati i rispettivi patrimoni. Ciascun coniuge rimane proprietario esclusivo dei beni che possedeva prima del matrimonio e di quelli che andrà ad acquistare successivamente. Fermo restando che se i coniugi decidono di acquistare una casa e di intestarla ad entrambi, possono farlo e quest’ultima sarà di proprietà di entrambi nella stessa misura. Questo dimostra che se i coniugi scelgono la separazione dei beni hanno comunque la possibilità di avere uno o più beni in comune, in quanto liberi di cointestarli. Va comunque precisato che la separazione dei beni prevede, in ogni caso, l’obbligo in capo a ciascun coniuge di contribuire in modo proporzionale alle loro possibilità alle spese e alle necessità familiari. Pertanto, tale scelta, non esime i coniugi delle responsabilità legali verso il nucleo familiare.
- Perché scegliere la separazione dei beni? In primis, essa assicura una maggior tutela dei patrimoni dei coniugi, dal momento che la responsabilità per gli eventuali debiti contratti da uno di essi graverà soltanto sui beni del coniuge debitore. I creditori, infatti, potranno soddisfarsi solo sui beni del coniuge loro debitore, senza avere la possibilità di aggredire anche i beni dell’altro. Viceversa, nel caso di comunione dei beni, l’altro coniuge potrebbe vedere aggredito il proprio patrimonio fino al 50%. Di conseguenza, tale regime può convenire in presenza di una situazione patrimoniale molto differente tra i coniugi o di una situazione lavorativa degli stessi che comporti rischi finanziari (ad esempio qualora uno dei due coniugi sia un imprenditore). Inoltre, stante la separazione e la distinzione nella titolarità dei beni, i coniugi potrebbero acquistare ciascuno un immobile e godere entrambi delle agevolazioni previste per la prima casa, invocando per ciascuna di esse i benefici fiscali c.d. “prima casa”, con applicazione dell’aliquota agevolata. In secondo luogo, tale regime consente di gestire il patrimonio coniugale senza che sia necessaria per ogni atto la doppia firma. Per esorcizzare eventuali riluttanze nei confronti di questo regime (talvolta legate ad una concezione conservatrice della coppia e della vita matrimoniale) va detto che scegliere la separazione dei beni non sminuisce e non pregiudica la solidità del matrimonio, né denota una mancanza di fiducia nei confronti delle sorti del vincolo coniugale, ma, al contrario, potrebbe rappresentare una soluzione vantaggiosa al fine di garantire una solidità economica del nucleo familiare.
- Il regime patrimoniale scelto dalla coppia varrà per sempre durante il matrimonio? No, la scelta del regime patrimoniale potrà essere modificata in ogni momento nel corso della vita matrimoniale, con atto pubblico notarile alla presenza di due testimoni.
Ovviamente ogni contesto va valutato nella sua specificità. Se necessiti di maggiori informazioni o di una consulenza personalizzata scrivi un'e-mail a info@studiolegaleninni.it
Avv. Fortunata Ninni
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