MI STO SEPARANDO, MIO FIGLIO DI 8 ANNI POTRÀ ESSERE ASCOLTATO DAL GIUDICE?



Nei diritti fondamentali dei minori sanciti dalla Costituzione italiana, dal codice civile e dalle convenzioni internazionali rientra quello di essere ascoltati in tutte le questioni e le procedure volte ad incidere nella propria sfera individuale. Quali possono essere i casi? Ad esempio in sede di separazione giudiziale (quindi in assenza di un accordo tra i coniugi) l’affidamento del minore nato fuori dal matrimonio, o la revisione delle condizioni di separazione dei coniugi, il collocamento prevalente del minore presso uno dei due genitori, la modifica dell’affidamento del figlio nato fuori dal matrimonio dei genitori, l’accertamento del diritto del fanciullo a conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale. L’ascolto del minore rappresenta una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere la propria legittima volontà nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella risoluzione di contrasti tra i genitori. 
La recente Riforma Cartabia è intervenuta anche su questo aspetto, dettandone la disciplina agli articoli 473bis 4 e 473bis 5 c.p.c. In particolare, l’art. 473bis 4 determina i casi dell’ascolto del minore, mentre l’art. 473bis 5 illustra le modalità dell’ascolto. L’art. 473bis 4, primo comma, c.p.c. prevede che il minore che ha compiuto gli anni dodici, ed anche di età inferiore ove capace di discernimento, deve essere ascoltato dal giudice nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Il magistrato può condurre lui direttamente e personalmente l’ascolto del minore (c.d. ascolto diretto), oppure può avvalersi dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile (c.d. ascolto assistito). La delega all’ascolto conferita dal giudice ad un soggetto terzo è esclusa “stante la delicatezza dei temi su cui il minore è chiamato ad esprimersi”. Lo stesso comma, ultima frase, dispone che le opinioni del minore debbano essere prese in considerazione, tenuto conto della sua età e del suo grado di maturità. “Il legislatore ha inteso qui tutelare l’autodeterminazione e la personalità del minore, che designa il patrimonio individuale del singolo da individuarsi non solo nelle capacità e inclinazioni naturali ma anche nelle aspettative del minore.” 
L’art. 473 bis 4 indica, invece, i casi di esclusione tipizzata dell’audizione che sono: 
        1. l’ascolto è contrasto con l’interesse del minore;
        2. l’ascolto è manifestamente superfluo;
        3. sussiste una ipotesi di impossibilità fisica o psichica del minore;
        4. il minore manifesta la volontà di non essere ascoltato.
  • Come si svolge l’audizione del minore? 
L’art. 473bis 5. disciplina, come anzidetto, le modalità dell’ascolto. Esso detta, innanzitutto, una serie di garanzie ed accorgimenti a tutela della serenità e della riservatezza del minore: il giudice, infatti, fisserà l’udienza tenuto conto degli impegni scolastici del minore, l’udienza verrà tenuta, ove possibile, in locali idonei ad adeguati all’età del minore, anche fuori dal tribunale, il giudice esporrà la natura del procedimento e gli effetti dell’ascolto, tenuto conto dell’età e del grado di maturità del minore. Prima di procedere all’ascolto, il giudice “indica  i  temi  oggetto dell’adempimento  ai  genitori,  agli  esercenti  la  responsabilità genitoriale, ai rispettivi difensori e al curatore speciale, i  quali possono  proporre  argomenti  e  temi  di   approfondimento   e,  su autorizzazione del giudice, partecipare all’ascolto.”(art. 473bis 5. terzo comma c.p.c.). L’ultimo comma dell’art. 473bis 5. c.p.c. prevede in ogni caso che dell’ascolto del minore sia effettuata registrazione audiovisiva. Qualora per motivi tecnici non sia possibile procedere alla registrazione, il processo verbale dell’ascolto dovrà descrivere dettagliatamente il contegno del minore (cioè comportamento, atteggiamenti e le reazioni alle domande che gli vengono rivolte), rivelatore dello stato d’animo del fanciullo e della genuinità delle relative dichiarazioni. 

  • Quanto conta il parere del minore? 
Il parere che il minore esprime sul suo eventuale desiderio di convivere con l’uno o l’altro genitore dopo la separazione, riveste un peso importante sulle decisioni che il giudice dovrà assumere per stabilire il collocamento prevalente del figlio presso il padre o la madre, e l’affidamento condiviso, che secondo il principio di bigenitorialità è il regime consueto, oppure l’affidamento esclusivo a uno dei due genitori, o, in via eccezionale, il collocamento presso altri parenti, come i nonni, o l’affidamento extrafamiliare. Le risposte che il bambino o il ragazzo forniranno, o la sua eventuale preferenza manifestata verso un genitore, potranno essere utili ai fini delle scelte del giudice, principalmente quando appaiono essere state espresse in modo consapevole e dimostrativo di un determinato grado di maturità raggiunta. Anche un bambino piccolo si può esprimere bene e fornire informazioni significative, quando si tratta di descrivere il suo rapporto con i genitori e i loro comportamenti nei suoi confronti. L’obiettivo è, in ogni caso, perseguire il corretto sviluppo della personalità del minore. Il suo parere è importante, ma in ogni caso, non è dirimente. È sempre compito del giudice dovere decidere che cosa sia meglio per lui, affidandolo al genitore che risulta più idoneo a ridurre l’impatto negativo della disgregazione della sua famiglia, in modo da potergli assicurare un percorso di crescita sano ed equilibrato. 

Questo è un quadro generale dell’argomento, se necessiti di maggiori informazioni o di una consulenza personalizzata scrivi un'e-mail a info@studiolegaleninni.it

Avv. Fortunata Ninni

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