LA SINDROME DI ALIENAZIONE PARENTALE
- Cos’è la sindrome di alienazione parentale?
Il concetto di PAS (Parental Alienation Syndrome, o sindrome di alienazione parentale) fu coniato nel 1985 dal medico Richard Gardner, in riferimento alla dinamica denigratoria che uno dei genitori (cd. “alienante”) attua nei confronti dell’altro genitore (cd. “alienato”), volta a far ritenere dannosa e negativa la frequentazione del genitore alienato e della sua famiglia d’origine nei confronti della prole. In quanto tale, è una dinamica disfunzionale che affiora, principalmente, nei contesti più conflittuali di separazione coniugale e divorzio. Tali comportamenti consistono in una vera e propria programmazione dei figli, attuata mediante una sorta di “campagna denigratoria”, a mezzo di espressioni offensive, false accuse e/o costruzioni di realtà virtuali, al fine di ingenerare astio e rifiuto verso il genitore alienato, il quale avrà un ruolo sempre più passivo e marginale nel contesto affettivo/familiare. Tale fenomeno rappresenta un’evenienza assai ricorrente nelle controversie per la custodia ed il collocamento dei figli minori.
- Tale fenomeno è stato riconosciuto a livello normativo e/o giurisprudenziale?
Ad oggi non è mai intervenuto da parte della giurisprudenza, né a livello normativo, un riconoscimento ufficiale ed unanime di tale fenomeno, come, invece, coniato e valorizzato dalla psicologia giuridica. Andiamo ad analizzare l’evolversi, nel tempo, dell’orientamento giurisprudenziale. Sebbene nella sentenza n. 5847/2013 della Cassazione Civile la sindrome di PAS veniva riconosciuta esistente, per poi essere riconfermata qualche anno dopo nella sentenza n. 6919/2016, di orientamento più moderato, invece, appare la recente sentenza della Suprema Corte n. 1321/2021, secondo la quale persino in presenza di condotte materne non eccelse, o comunque valutabili come potenzialmente alienanti, si possano – e debbano – considerare misure alternative all’allontanamento dei minori dalla madre, quali percorsi di recupero della capacità genitoriale, tesi a rigenerare “il positivo rapporto di accudimento”. Tale decisione, in riforma dell’impugnata sentenza della Corte di Appello di Venezia del 2017, si basa, sostanzialmente, sulla controversa esistenza di un fondamento scientifico della PAS. Infatti, nella motivazione della sentenza, si legge “…il controverso fondamento scientifico della sindrome PAS cui le ctu hanno fatto riferimento senza alcuna riflessione sulle critiche emerse nella comunità scientifica circa l’effettiva sussumibilità della predetta sindrome nell’ambito delle patologie cliniche…”, stigmatizzando il comportamento dei giudici che si sono totalmente affidati alle consulenze tecniche psicologiche per disporre l’affido esclusivo in favore del genitore alienato, senza concretamente valutare la condotta materna, ritenuta alienante, ed in quanto tale, sufficiente per intervenire in tal senso. Quindi, la Corte di Cassazione, pur non negando espressamente l’esistenza del fenomeno, ha, tuttavia, affermato che non può essere il solo ed unico elemento su cui fondare decisioni particolarmente incisive nella vita dei minori coinvolti in ipotesi di conflitto familiare, tra cui, appunto, l’affidamento esclusivo.
- Quali conseguenze a livello giuridico/sanzionatorio può comportare la condotta del genitore alienante?
Nel momento in cui si ritenga di essere vittima di alienazione parentale da parte dell’ex coniuge, è consigliabile appuntarsi ogni comportamento lesivo e/o denigratorio, e raccogliere quante più prove e testimonianze possibili delle varie condotte e/o situazioni attraverso cui viene perpetrata la dinamica alienante ai propri danni. Le conseguenze giuridiche nei confronti del genitore alienante possono essere varie. Dal punto di vista penalistico, il genitore “vittima” può attivarsi nelle opportune sedi per sporgere querela per il reato ex art. 388 comma 2 c.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice) in tutti i quei casi in cui la condotta del genitore alienante consista nella volontà di disobbedire e trasgredire un determinato provvedimento giudiziale, oppure al contrario, in una condotta non collaborativa ed omissiva; o, anche per il reato ex art. 572 c.p. (reato di maltrattamenti in famiglia), in tutti i quei casi in cui via sia la coscienza e la volontà, da parte del genitore alienante, di sottoporre un familiare ad una serie di sofferenze in modo continuo e abituale. Dal punto di vista civilistico, invece, si può richiedere un ammonimento del genitore alienante che viola le modalità di affidamento condiviso, l’irrogazione di sanzioni, il risarcimento del danno ed inversione del collocamento dei minori, per giungere addirittura all’affidamento esclusivo in favore del genitore alienato. Decisione, quest’ultima, che dovrà essere corroborata da una serie di motivazioni in fatto ed in diritto, fondate su un compendio probatorio tale da dimostrare la relativa convenienza a beneficio del benessere psico-fisico del minore, non potendo basarsi unicamente su una “diagnosi” o accusa di alienazione parentale (come, appunto, chiarito dalla Corte di Cassazione Civile).
- I figli: vittime reali di tale fenomeno
Al di là dell’avversione giurisprudenziale, è indubbio che il problema dell’alienazione parentale sia, ahimè, esistente. Ciò che i coniugi, in fase di separazione, o all’esito delle disposizioni giudiziali di affidamento dei minori, dovrebbero rammentare è di mettere da parte i reciproci rancori personali ed evitare di strumentalizzare i figli per arrecare dispiacere o dispetto all’ex coniuge, poiché, in realtà, le uniche vittime di tali situazioni sono i figli che, oltre ad assistere alla disgregazione del proprio nucleo familiare, rischiano di perdere un rapporto sano ed equilibrato con entrambi i genitori, o addirittura, di allontanarsi o rifiutarne uno dei due.
Questo è un quadro generale dell’argomento, se necessiti di maggiori informazioni o di una consulenza personalizzata scrivi un'e-mail a info@studiolegaleninni.it
Avv. Fortunata Ninni
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